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Vi spiego il mio liberismo popolare. Parla Stefano Parisi

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“Liberismo popolare’’: è così che Stefano Parisi sintetizza il suo programma per rilanciare l’economia nazionale. L’ex candidato sindaco di Milano, oggi incaricato di rinnovare il centro destra offrendo una alternativa credibile ai moderati che non votano Renzi né, tantomeno, i Cinque Stelle, ha annunciato le linee guida intervenendo ieri alla summer school di Confartigianato. L’idea di base, spiega, è ‘’fissare le fondamenta di una cultura liberale nuova”, uscendo dalla spirale dei provvedimenti tampone e graduali che fin qui ‘’non sono serviti a niente’’, e tenendo ben presente che ‘’il vero vincolo alla produttività che impedisce all’Italia di crescere e’ costituito da burocrazia e tasse’’.

I DUE DIVERSI LIBERISMI

L’Italia, afferma Parisi, è un paese ‘’ostile’’ nei confronti delle imprese, considerate entità da ‘’controllare’’ costantemente, in quanto popolate di personaggi che ‘’evadono le tasse e fanno i furbi’’. Invece, sottolinea, l’impresa è la base essenziale per crescere, quella che crea ricchezza e lavoro. E che, dunque, andrebbe aiutata e supportata, non ‘’perseguitata’’ con leggi punitive: “Occorre cambiare drasticamente: la politica deve avere fiducia nel mondo delle imprese, va messa in campo una logica liberale, da non confondere con il liberismo che cura gli interessi di pochi, dei soli grandi gruppi. Quello a cui penso è un liberismo popolare, che riguardi tutti”.

LE CRITICHE ALLE MANOVRE DI RENZI

Due i cardini su cui poggia la sua proposta: da un lato riduzione della spesa pubblica e del ruolo dello stato in economia, dall’altro taglio della pressione fiscale sulle imprese. Soprattutto, per Parisi è ora di smetterla con le politiche graduali: ‘’va eliminato subito qualunque vincolo per chi investe e fa impresa. Serve una scelta coraggiosa: soluzioni come il Jobs act o gli incentivi per chi assume non sono serviti a nulla, oggi abbiamo meno occupati di prima. Incentivi che durano pochi mesi generano al massimo un fuoco di paglia, meglio una riduzione fiscale anche inferiore ma stabile nel tempo e certa.

LE PROPOSTE DIGITALI

Quanto alla burocrazia, Parisi propone la digitalizzazione totale della Pa. Per capirsi, porta l’esempio degli account che chiunque utilizzi siti come Amazon possiede, e che contengono lo ‘’storico’’ di tutti i dati relativi al cliente: “Possibile mai che lo Stato non riesca a realizzare una cosa del genere? Possibile che le innumerevoli banche dati che fanno capo al sistema pubblico non siano in grado di dialogare tra loro, di mettere in comune i dati?“. Possibile, certo: sia per motivi tecnici, sia, più spesso, per la ‘’gelosia’’ dei vari enti rispetto alla condivisione delle informazioni che possiedono. Risultato: i cittadini e le imprese impazziscono dietro alle follie della burocrazia, mentre la stessa evasione fiscale prospera grazie al caos di banche dati che non comunicano.“Questa sarebbe la vera riforma di cui l’Italia ha bisogno, altro che la Costituzione’’, chiosa Parisi.

LA CONCERTAZIONE ALLA PARISI

E ancora, Parisi ritiene necessario restituire ruolo ai ‘’corpi intermedi’’, alle rappresentanze sociali così a lungo trascurate dal governo Renzi: ‘’La concertazione fa parte della mia storia professionale, e oggi forse e’ una professionalità un po’ obsoleta –scherza- ma resta che il leader mediatico che cancella i corpi intermedi, nel tempo perde il contatto con la realtà del paese”. Al contrario, va recuperato un nuovo rapporto con le organizzazioni, le rappresentanze, i corpi intermedi: “Occorre il dialogo a tutti i livelli, anche con le associazioni di quartiere: questa è la nuova politica, nel tempo in cui nessuno più si iscrive ai partiti. E del resto, la politica non è più quella che si faceva nei partiti, e per fortuna: ma per evitare che dilaghi in anti politica, occorre riallacciare dialogo e rapporti. Il concetto nuovo e stare vicino alle persone, e finirla con i partiti o i governi che calano le decisioni dall’alto”.

LA STOCCATA A CONFINDUSTRIA

Infine, anche le relazioni sindacali dovranno cambiare: “Devono essere sempre più flessibili, arrivare al contratto individuale, al rapporto diretto tra impresa e lavoratore, prendendo atto che non sono più ‘’nemici’’ di classe, ma soggetti che possono collaborare nella stessa direzione della crescita. Quanto a Confindustria, dove pure Parisi ha avuto a lungo un ruolo di spicco come direttore generale, oggi e’ semplicemente ‘’obsoleta’’: “Vedo che chiede ancora la politica industriale, come decenni fa. Ma non serve la politica industriale: lo Stato faccia la sua parte, tagliando tasse, ostacoli e burocrazia, poi saranno le imprese stesse a decidere in che direzione andare, dove e come crescere. L’Italia ha tutte le potenzialità per farcela, basta non soffocarle’’.

(Articolo pubblicato sul Diario del lavoro)



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